Intervista a Anna Lisa Mandorino, Segretaria generale di Cittadinanzattiva

Cosa sta cambiando per le Associazioni dei pazienti con la riforma del Terzo Settore?  Quali sono i principali ostacoli che stanno affrontando?  

«La riforma del Terzo Settore – ci spiega Anna Lisa Mandorino, Segretaria generale di Cittadinanzattiva - è sicuramente un atto normativo importante per tutte le associazioni, ma ha incontrato molti ostacoli nel suo cammino. Cittadinanzattiva ha fatto sempre un’attenta valutazione delle novità che la riforma del terzo settore portava con sé, perché da una parte c’era l’esigenza di semplificare, di dare uniformità al mondo delle organizzazioni di terzo settore che spesso dovevano fare i conti con situazioni regionali molto difformi con tanti registri di riferimento - volontariato, promozione sociale, Onlus – e c’era un ambiente disorientante rispetto alle associazioni stesse; dall’altra parte abbiamo sempre sottolineato che la riforma del terzo settore correva un rischio: quello di omologare eccessivamente le associazioni tra loro, di costruire un modello amministrativo e burocratico a cui le associazioni dovessero necessariamente fare riferimento e che, lungo la strada, avrebbero potuto esserci degli inciampi, dei ritardi in questo percorso. Purtroppo, la riforma del terzo settore questi ostacoli li ha incontrati tutti, perché l’iter di gestazione prima, quello di implementazione di questa riforma poi è stato ed è un iter davvero lungo, faticoso, complicato».  

Iter lungo e complicato 

La riforma del terzo settore prevede il «Registro unico nazionale del terzo settore» (Runts). «Il vantaggio sarà quello di non avere più tanti registri e albi a livello regionale – sottolinea la Segretaria generale di Cittadinanzattiva –. È uno dei punti di forza della riforma, anche se il Registro unico nazionale del terzo settore, che aspettavamo da tempo, è entrato in vigore solo da pochissimo. Stiamo tentando di iscriverci, di “trasmigrare” in questo registro, ma incontriamo una serie di difficoltà. Per non parlare del fatto che i decreti che avrebbero dovuto dare attuazione al codice del terzo settore hanno avuto un iter molto lungo. Alcuni sono stati approvati, ma altri ancora no. Per esempio, ancora non c’è il Decreto attuativo più importante, che dovrebbe definire il regime fiscale delle organizzazioni di terzo settore – quindi, “giustificare” anche la loro scelta di entrare a far parte degli enti del terzo settore oppure no, a seconda delle agevolazioni cui potrebbero fare riferimento. È la parte della riforma più delicata, perché occorre un’autorizzazione esplicita della Commissione europea affinché entri in vigore.  

Cos’è un ente di terzo settore  

La riforma definisce che cos’è un ente di terzo settore. Spiega Mandorino: «Un ente di terzo settore svolge un’attività di interesse generale, quindi c’è un richiamo forte - che noi associazioni abbiamo chiesto fosse introdotto - all’ultimo comma dell’art. 118 della Costituzione (“Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà” ndr). Perché lo Stato dovrebbe concedere dei benefici proprio alle associazioni? Proprio in riferimento a quell’articolo, in cui si dice che lo Stato “favorisce” tutte quelle organizzazioni che autonomamente scelgono di svolgere attività di interesse generale, assumendosi un ruolo di co-governo delle politiche pubbliche. Questo è un aspetto della riforma che va valorizzato; non è stato sempre così, poiché la riforma era concepita anche in un’ottica di sussidiarietà, intesa come servizi che le associazioni mettevano a disposizione al posto dello Stato che, forse, non era più in grado di garantire quei servizi; quindi, un’ottica di sussidiarietà un po’ strumentale da parte delle istituzioni. Grazie al nostro impegno [di tutte le associazioni ndr] quest’ottica è cambiata».  

Ruolo di advocacy e tutela 

Grazie all’impegno di tutte le associazioni, sottolinea Mandorino «è stato riconosciuto un ruolo importante per le associazioni di advocacy, come quelle a tutela dei pazienti, perché quest’aspetto era un po’ sottovalutato rispetto all’altro aspetto della fornitura dei servizi. Era privilegiato, infatti, l’ambito delle associazioni che forniscono servizi sussidiari: un pezzo importante dell’attività del terzo settore ma non esaustivo, perché ci sono tante associazioni che svolgono attività di tutela, di pressione sulle istituzioni per garantire i diritti dei cittadini, e anche loro devono essere riconosciute come organizzazioni di interesse generale». 

Iscrizione al Runts 

È obbligatorio entrare a far parte degli enti di terzo settore? «Non è obbligatorio, nel senso che un’associazione può continuare a esercitare attività di interesse generale senza rientrare nel registro del terzo settore – prosegue Mandorino –. Può essere utile e opportuno perché ovviamente dà alcuni vantaggi; prima facevo riferimento a quelli fiscali». 

Il Registro unico nazionale del Terzo settore (Runts), diventato operativo a novembre 2021, porrà fine ai numerosi registri territoriali finora gestiti dalle Regioni.  L'iscrizione al Registro è facoltativa; è invece obbligatoria per gli enti che si avvalgono prevalentemente o stabilmente di finanziamenti pubblici, di fondi privati raccolti attraverso pubbliche sottoscrizioni, o di fondi europei.   

Co-programmare e co-progettare  

Sottolinea la Segretaria di Cittadinanzattiva: «Un articolo importante del codice di terzo settore è l’art. 55: dà alle organizzazioni di terzo settore l’impulso, la spinta, la legittimazione a co-programmare e co-progettare azioni di interesse generale che le istituzioni decidono di mettere in campo. La co-programmazione è l’individuazione dei bisogni che stanno alla base di scelte di politica pubblica, la co-progettazione è la realizzazione di progetti che danno gambe a quei bisogni. In questo articolo è riconosciuto il ruolo molto forte delle organizzazioni di terzo settore; quindi, può essere un altro motivo per cui si sceglie di essere riconosciuti tra gli enti del terzo settore: avere la possibilità di co-programmare e co-progettare, con le istituzioni, azioni di interesse generale. È un riconoscimento che deve avvenire nell’ottica di criteri di trasparenza e di partecipazione, da parte delle istituzioni, e che per molte organizzazioni del terzo settore può rappresentare un ambito importante sul quale già lavoravano, ma che ora troverebbe un’ulteriore legittimazione attraverso lo strumento normativo».